domenica 19 agosto 2012

CAMARILLE strapaesane in nome di Sciascia (Di Grado vs Cavallaro). Il commento di Piero Carbone.

Pubblichiamo la parte (secondo noi) centrale dell'articolo di Piero Carbone "malgrado Sciascia" ampiamente letto in altri siti. 
L'articolo di Carbone nasce dopo il commento su facebook di Antonio Di Grado (direttore artistico della Fondazione Sciascia) all'articolo pubblicato sul settimanale SETTE del Corriere della Sera a firma di Felice Cavallaro.
Scrive Di Grado: 
Guarda un po', si parla della Fondazione e di chi la dirige e l'unico che non si cita è il direttore. Camarille strapaesane.”

(Piero Carbone)
Ma camarilla di chi? Camarilla di che? Verrebbe la curiosità di saperlo. Ridotta a camarilla strapaesana sarebbe la Fondazione Sciascia su cui stuoli di politiciscrittorigiornalistiprofessori hanno speso fiumi di inchiostro retorico? Ma allora qualche solitario bastian contrario aveva ragione a temerlo in tempi non sospetti! Altro che essere tacciato di tramare contro la Fondazione!! Comunque, è da scongiurare per rispetto a tanti e a tante cose che queste siano le dinamiche che dovrebbero segnare il percorso di un nuovo cammino di crescita civile e culturale di una comunità.
Oltreché un’occasione storica mancata, sarebbe una smentita delle intenzioni di chi, a livello redazionale o direttivo, nel nome di Sciascia, collegava e finalizzava il reportage a più nobili fini, come proclamato con tutta evidenza e senza equivoci sulla copertina del settimanale “Sette”, settimanale del “Corriere della Sera”: “Commissariato per mafia, il paese di Sciascia vuole diventare un modello per l’Italia”.
Dal conclamato “laboratorio” di Racalmuto-Regalpetra, da additare all’Italia intiera, alla percepita camarilla strapaesana ce ne corre: parola di sciasciani.
Ma Sciascia, e vale per sciasciani e non sciasciani, avrebbe voluto questo?
Non avrebbe voluto questo volare basso chi ha scritto in Nero su nero: “Quelli che appunto la pensano come me non la pensano come me”.
Certo, non è facile amministrare il patrimonio morale lasciatoci in eredità dal grande scrittore, per gli equivoci e gli abusi che potrebbe generare in chi ad esso si ispira.
Su una cosa almeno si dovrebbe convergere: come concittadini non vorremmo demeritare quella eredità al punto da dover dire, ignominiosamente, “malgrado Sciascia”.

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